Regia: Roberto Rossellini, 1945
Vediamo Don Pietro camminare su una strada acciottolata. Entra in un negozio di antiquariato. All'interno, visti in sagoma, due soldati tedeschi stanno in piedi a parlare.
Un venditore saluta il prete, che lo saluta levandosi il suo fedora. “Buon giorno, reverendo”.
“Buon giorno”.
“Desidera?”
“Non avreste per caso un Sant'Antonio Abate?”
“Spiacente, ne avevamo tempo fa ma va poco. Avrei però un San Rocco”.
“Grazie, non mi interessa”.
"Come? Non le interessa un santo come San Rocco?”
“Si accomodi. Venga a vedere”. Camminano fino al retro del negozio. “Venga pure. É anche un bel lavoro, sa”.
Per un attimo, il profilo del prete, con cappello a falda larga e abito talare, è incorniciato dalla finestra.
“Vediamo”.
San Rocco sta umilmente in piedi con un cane accanto.
"Glielo do per poco", dice il venditore. Nell'inquadratura, i due uomini sono separati dalla statuetta di una donna nuda.
“Io dovrei parlare con Francesco. Mi manda ‘L'uomo dalle scarpe strette’”.
L'uomo annuisce. "Attenda un momento". Si allontana.
Il prete rimane con la donna nuda e il santo. Dà un’occhiata all'uno, poi all'altra. Infine gira la donna dall’altra parte. Si riposa un attimo, mani incrociate sul petto, occhi chiusi. Poi, aprendoli, si rende conto di non aver fatto abbastanza: gira San Rocco in modo che la nudità non sia più nel suo campo visivo.
Il venditore guida Don Pietro verso una porta sul retro del negozio. "Giù per questa scala", dice.
Sulla scala ombrosa, il prete incontra Francesco, il tipografo, il fidanzato di Pina, che gli chiede: "È lei Don Pietro! Ma che è successo?”
"Niente di grave grazie al cielo, poteva succedere però". Scendono le scale insieme. "Questa notte le SS sono state da Manfredi".
“Questo lo abbiamo saputo. Ma lui dove sta?”
"A casa tua”.
"Mia?”
"Sì, gli ha aperto la Pina. Ci resterà per qualche giorno”.
Quando entrano in un'altra stanza, Don Pietro consegna un foglio di carta a Francesco. “Mi ha consegnato questo biglietto”. Francesco lo apre. “Io volevo mandarlo dai monaci francescani” – spiega il prete – “Sarebbe stato più sicuro.. Ma lui non vuole. Dice che sarebbe tagliato fuori”.
"È giusto", dice un terzo uomo. Sullo sfondo, vediamo macchine da stampa.
“Già, ma adesso per lui è più pericoloso lavorare se l'hanno segnalato”.
L’uomo spiega: “lo so, reverendo, ma siamo in pochi e se tutti entrano in convento…”
“Capisco”.
Facendo una presentazione tardiva, Francesco dice: “Scusi. Permette, Don Pietro? Il nostro direttore”.
“Molto lieto di conoscerla”, dice il prete. Si stringono la mano.
“Anche io. Ho sentito molto parlare di lei”.
“Questo è male… per la mia modestia e per la mia salute”.
“Lei ha fatto e fa molto per tutti noi. La ringrazio”.
Nonostante le differenze tra il Vaticano e la resistenza comunista, Don Pietro, seguendo la sua coscienza, è un attivo sostenitore dei partigiani. Dice semplicemente: "È mio dovere soccorrere chi ha bisogno di aiuto”.
Don Pietro segue il direttore nel suo ufficio e poi aspetta pazientemente mentre il denaro viene recuperato per i partigiani.
Il direttore ritorna con tre libri e mette la pila davanti al prete. “Ecco, reverendo”.
“Eh, Manfredi mi aveva detto che si trattava di una somma di danaro”.
“Sono libri, ma non c'è molto da leggere”, dice il direttore, con un sorriso.
“Come…?” Apre un libro e comincia a sfogliarlo. Ogni pagina è una banconota.
“Tutti così?” Don Pietro sembra divertito dall'ingegnosità di questo metodo.
“Sono mille pagine”.
“Un milione di lire”.
“Esatto”.
Il prete solleva i libri, labbra serrate come a reprimere l’ansia.
La scena successiva si apre su una giovane donna con un vestito scollato, sembra preoccupata: è Marina, la ragazza di Manfredi. L'ultima volta che l'abbiamo vista lo stava chiamando e ha risposto un ufficiale delle SS.
Entra nel camerino del locale dove lavora; sentiamo suonare musica da ballo. Chiude la porta dietro di sé.
Dopo un attimo, si gira e la chiude a chiave.
Marina si siede alla sua toeletta, disseminata di cosmetici e prodotti di bellezza. Prende dalla sua borsa il flacone di un farmaco e lo scuote sopra la mano: vuoto. Cerca invano di raschiare via quello che può con qualcosa di affilato. Dal primo piano del flacone capiamo: è dipendente dalla cocaina.
Butta giù il flacone e appoggia la testa sulla mano, frustrata. Guardando lo specchio, fissa brevemente negli occhi lo spettatore. In sottofondo, sentiamo finire la canzone e c'è un leggero applauso.
“Qualcuno bussa piano alla porta".
Lei chiede: “Chi è?”
La voce di una donna risponde: “Marina, sono io. Apri!”
Marina si alza e nasconde il flacone.
Quando apre la porta, vediamo un'altra donna, molto truccata, in un vestito ancora più scollato. È Lauretta, la sorella di Pina.
"Ciao!" – dice allegramente. "Indovina chi ho visto stamattina?" Marina ha voltato le spalle: Lauretta non ha idea di quello che sta passando.
“Che vuoi che me ne importi?”
“Manfredi!” – continua Lauretta, appoggiata felicemente alla sedia di Marina. “È venuto da me”.
“Da te? Dove?”
“A casa mia!” Lauretta sembra molto soddisfatta. Marina guarda la sua amica e poi il suo riflesso nello specchio, incredula.
Guardandola allo specchio, Marina dice: "Ma perché è venuto? Cosa voleva?"
"Mi ha pregato di avvertirti che per qualche giorno non potrà farsi vedere, che, semmai, ti telefonerà". Lauretta si lascia cadere su una sedia.
"Non ti ha detto altro?”
“No”.
“Ma come? Non ti ha spiegato?”
“No, ti dico! Io poi non gli ho domandato altro. Ero in vestaglia, figurati, coi bigodini...” Marina è silenziosa, di nuovo con la testa sulla mano, e Lauretta continua a chiacchierare. “Non ti cambi? Fra poco tocca a te”.
Marina si alza in piedi. “Come sapeva dove abitavi?” chiede voltando la testa verso Lauretta.
“Già, come lo sapeva…? Glielo avrai detto tu!”
“Io non gliel'ho mai detto”. Marina attraversa la stanza per cambiarsi.
“Beh, cosa vuoi che ti dica? Io non andavo a dirglielo di sicuro. Non ci tengo davvero a far sapere alla gente dove abito”. In primo piano, vediamo lo sguardo implorante di Lauretta quando dice: “A proposito, Marina, io in quella casa non ci posso più stare… Se non ti dispiace verrei ad abitare da te finché non trovo un'altra camera”.
“Ma sì!” risponde Marina guardandosi allo specchio mentre si cambia il vestito. “Vieni quando vuoi. Te l'ho detto tante volte”.
“Sei un tesoro”, dice Lauretta e si sporge per baciare Marina, che non risponde. Le due donne stanno per un attimo in piedi fianco a fianco, guardandosi allo specchio.
Lauretta si avvicina alla toletta e comincia a frugare nella borsa di Marina. Quando Marina se ne accorge, afferra il braccio della sua amica per fermarla.
"Cosa cerchi?" chiede.
"Una sigaretta!"
"Te la do io".
"Va bene!" risponde Lauretta, un po' scioccata dalla reazione dell'amica.
Lauretta prende la sigaretta e l'accende.
“Quand'è venuto?” chiede Marina.
“Chi?”
“Giorgio”.
“Stamattina presto, ero da vestire”.
Mentre Marina si sta aggiustando uno scialle intorno alla vita, bussano alla porta: “Signorina Mari! Tocca a lei!”
“Io non capisco” – dice Lauretta – “Sì, è simpatico, non dico di no…”
“Mi fai la cortesia di non occupartene?”
“Per me, figurati. Contenta tu!”
Marina perde improvvisamente le forze, appoggiandosi a una sedia e sostenendosi la fronte con la mano.
“Ti senti male?” chiede Lauretta, mettendo la mano sulla testa di Marina.
“No, non è niente”.
Ma poi Lauretta capisce: “Marina... di nuovo? Lo sai che ti fa male!”
“Sciocchezze!” risponde Marina, di nuovo seduta alla toletta. “Ci sono tante cose che ci fanno male, eppure le facciamo lo stesso”.
Lauretta passa la mano affettuosamente tra i capelli di Marina.
Un'altra bussata manda Lauretta alla porta, mentre Marina dice stancamente: "Vengo!”
Lauretta apre la porta a una donna elegante, con cappotto e cappello scuri. Quando vede Marina, mostra un sorriso grazioso. "Buonasera. Come stai?”
Marina si precipita ad abbracciarla. Il suo guanto nero si appoggia sul braccio bianco e nudo di Marina.
Marina risponde: “Bene e lei? Ma come è bella questa sera! Ma già, lei è sempre così chic!”
Lauretta dice da fuori campo: “Beh, allora io me ne vado”.
"Ah, Lauretta", mormora la donna, con poco interesse.
“Cerca di sbrigarti!” – dice Lauretta a Marina. – “Sennò lo senti il direttore”. Se ne va.
“Mi scusi. Devo andare”, dice Marina.
“Sì, cara”, dice la donna, la sua mano ancora sul braccio di Marina.
“Trovato?” chiede Marina.
“Sì”.
“Oh, che amore!” Marina la abbraccia di nuovo, sorridendo con sollievo.
Da sola nel camerino, la donna si toglie un guanto e procede a curiosare in giro, fermandosi a una fotografia di Manfredi e Marina. Lo stesso ritratto l'abbiamo visto prima, nell'ufficio di Bergmann. La macchina da presa si sofferma su di lei mentre lo guarda con intenso interesse.
FINE PARTE VI
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GLOSSARIO
abate (e/i) – abbot
abito (o/i) talare (e/i) – priest cassock
se ne accorge (accorgersi) – she notices
afferra (afferrare) – she grabs
affilato (affilare) – sharp (past participle as adjective)
butta (buttare) – she tosses
il camerino (o/i) – the dressing room
curiosare – to snoop around
dipendente (dipendere) – addicted (present participle as adjective)
disseminata (disseminare) – littered, scattered (past participle)
falda (a/e) – brim (of hat)
un farmaco (co/ci)– medicine
il flacone (e/i) – the bottle
frugare – to rummage
un guanto (o/i) – a glove
l'ingegnosità (no change) – the ingenuity
invano – vainly
i monaci (o/i) – the monks
mi ha pregato (pregare) – he requested of me
il primo (o/i) piano (o/i) – the close-up
raschiare – to scrape
si rende (rendersi) conto – he realizes
sciocchezze (a/e) – nonsense
scollato (scollare) – low-cut (past participle as adjective)
scuote (scuotere) – she shakes
semmai – if anything
lo senti (sentire) – you will have to deal with him
sfogliarlo (sfogliare) – to page through it
soccorrere – to help, to assist
si sofferma (soffermarsi) – it lingers
sollievo (o/i) – relief
spiacente (spiacere) – sorry (present participle as adjective)
tagliato (tagliare) fuori – isolated, cut off (past participle as adjective)
ci tengo (tenerci) – I like, care about, care for
tocca (toccare) a lei – you’re up, it’s your turn
la toeletta (a/e) – the dressing table
va (andare) poco – it doesn’t sell much, it is not the trend
abate (e/i) – abbot
abito (o/i) talare (e/i) – priest cassock
se ne accorge (accorgersi) – she notices
afferra (afferrare) – she grabs
affilato (affilare) – sharp (past participle as adjective)
butta (buttare) – she tosses
il camerino (o/i) – the dressing room
curiosare – to snoop around
dipendente (dipendere) – addicted (present participle as adjective)
disseminata (disseminare) – littered, scattered (past participle)
falda (a/e) – brim (of hat)
un farmaco (co/ci)– medicine
il flacone (e/i) – the bottle
frugare – to rummage
un guanto (o/i) – a glove
l'ingegnosità (no change) – the ingenuity
invano – vainly
i monaci (o/i) – the monks
mi ha pregato (pregare) – he requested of me
il primo (o/i) piano (o/i) – the close-up
raschiare – to scrape
si rende (rendersi) conto – he realizes
sciocchezze (a/e) – nonsense
scollato (scollare) – low-cut (past participle as adjective)
scuote (scuotere) – she shakes
semmai – if anything
lo senti (sentire) – you will have to deal with him
sfogliarlo (sfogliare) – to page through it
soccorrere – to help, to assist
si sofferma (soffermarsi) – it lingers
sollievo (o/i) – relief
spiacente (spiacere) – sorry (present participle as adjective)
tagliato (tagliare) fuori – isolated, cut off (past participle as adjective)
ci tengo (tenerci) – I like, care about, care for
tocca (toccare) a lei – you’re up, it’s your turn
la toeletta (a/e) – the dressing table
va (andare) poco – it doesn’t sell much, it is not the trend