Regia: Michael Cacoyannis (1956)
La scena successiva si apre con una schitarrata in un bar locale. Gli uomini siedono all’interno, parlano, giocano a carte e backgammon e, ovviamente, beveno. Non sono presenti donne. Quasi tutti gli uomini indossano camicie bianche, aperte al collo.
Mitso, che aveva vagato per la taverna in una scena precedente, quasi come un fantasma, ora entra nel locale.
In piedi dietro un gruppo di giocatori di carte, Mitso accende una sigaretta e lancia un’occhiataccia verso l’altra parte della stanza, verso il tavolo dove Panagos sta suonando la chitarra per Christos e i ragazzi. Christos lo nota e picchietta Panagos sulla gamba. Tutti gli uomini ora fissano a loro volta Mitso. Christos ha un'espressione provocatoria, una sigaretta tra le labbra con un’inclinazione spavalda.
Panagos inizia una canzone per deridere Mitso. Sono dieci contro un povero ragazzo. Cominciano a cantare, ad alta voce e con gusto:
Atene, sempre Atene
Stasera le mie labbra stanno cantando
Atene e ancora Atene,
Anziani, giovani,
Bambini, tutti ti amano.
In un primissimo piano, vediamo la furia riempire gli occhi di Mitso mentre gli uomini lo deridono di fronte a tutti gli avventori del bar.
Mitso sa che è sconfitto – almeno per ora. Si gira e lascia il bar. Lo schermo diventa nero.
La mattina dopo, Antoni è fuori, seduto sui gradini che portano sulla montagna. Sta lavorando a un bozzetto del villaggio: ha già il contorno delle case e degli alberi circostanti. Mentre disegna un tetto di tegole, la macchina da presa fa una panoramica fino a un uomo che conduce un asino su per le scale, attraverso il villaggio. Mentre la macchina da presa lo segue, i tetti di tegole entrano nell’inquadratura.
Oh! È una carovana di asini per i turisti! Mimi e sua madre sono appollaiati precariamente sugli animali che salgono i gradini ripidi. La fila di asini corre in diagonale attraverso l’inquadratura.
La mamma saluta Antoni e chiede: "Come sta?"
"Bene grazie".
"Andiamo a fare un picnic!"
"Divertitevi!" dice Antoni, con un largo sorriso, e nella parte posteriore dell’inquadratura, in un'altra composizione diagonale, vediamo Mitso avvicinarsi.
Gli uomini si scambiano i saluti e poi Mitso si china, con le mani sul ginocchio, per parlare con Antoni, che è ancora seduto sui gradini di pietra.
"Sta disegnando?" chiede Mitso, curioso e amichevole.
"Sto solo ammazzando il tempo". Guardando verso l'alto, la macchina da presa ci mostra il punto di vista di Antoni: Mitso che incombe su di lui, e il mucchio di edifici bianchi sul lontano pendio.
"È un artista?"
"No, un architetto".
"E il suo amico?"
"È uno scrittore".
"Non è tranquillo come lei. La gente dice che è un donnaiolo".
Antoni si alza in piedi. "Allora?"
"Rimarrete a lungo?" Il tono di Mitso è cambiato e non sorride.
"Una settimana. Perché?"
"Avremo bisogno delle stanze", esige in tono severo.
"Quando?"
"Oggi, se possibile".
"Capisco. Lo dirò al mio amico, ma non so come la prenderà".
Quindi Mitso fa sapere ad Antoni esattamente cosa è importante per lui. “Lasci che la prenda come preferisce. Ho solo una sorella. Preferirei baciarla sul letto di morte, piuttosto che farle rovinare il suo buon nome".
Mitso resta fermo mentre Antoni si allontana, poi si volta indietro e dice: “Va bene. Ci trasferiremo in hotel".
A casa, Marina sbircia attraverso la porta aperta. Riesce a sentire Antoni e Pavlos che discutono.
Antoni dice: "Me l'ha detto senza giri di parole".
"Mi stai dando i nervi!" – Pavlos è furioso – "Non dovevi essere d'accordo, vero?"
"Avresti dovuto ascoltarmi".
Mentre Marina avanza lentamente nella stanza – è quella di Pavlos – inizia a capire di cosa stanno parlando. La valigia di Pavlos è sul letto e lui sta facendo i bagagli. Si muove raccogliendo vestiti.
Sempre sullo sfondo, la carta da parati scrostata ci ricorda come vive lei di giorno in giorno. Vediamo il vaso che Pavlos aveva usato per la sua folle danza.
Antoni è nella sua stanza, fuori dalla vista. Pavlos lo chiama: "Perché non poteva dirlo a me?"
"Smetti di urlare!"
Mentre Pavlos prende una maglietta, nota Marina.
Si avvicina rapidamente a lei, prendendole la testa tra le mani.
“Marina!” dice disperatamente e la tira verso di sé per un bacio. Ma lei gli mette una mano sul braccio, fermandolo. “Stai attento!” avverte.
Fa una pausa e poi dice tristemente: "Stai andando via".
"Ma ti vedrò".
"Dove?"
Antoni interrompe la loro conversazione sommessa, urlando dalla sua stanza, "Hai delle lamette?" È ancora inconsapevole della presenza di Marina.
"No!" risponde Pavlos, poi si rivolge di nuovo a Marina: "Dimmelo tu".
"È impossibile".
Antoni continua, ignaro: "Dobbiamo mandare a chiamare Aristide per aiutarci con i bagagli".
"Sì".
Pavlos si rivolge di nuovo a Marina, sussurrando: "Di notte, quando –"
Ma una bussata alla porta la fa sussultare: si affretta verso il fondo della stanza, fuori dalla vista.
Pavlos risponde alla porta. È Froso. Lui posa la mano sullo stipite, il suo braccio le impedisce di entrare.
"Posso essere d'aiuto?" chiede.
"No, grazie".
"Mi dispiace che ve ne andiate".
"Non c'è nulla da fare".
Pavlos cammina verso la porta tra la sua stanza e quella di Antoni. Chiede: "Antoni, che stai facendo?"
"Mi sto radendo”.
Pavlos chiude lentamente la porta, lasciando aperta solo una fessura.
La macchina da presa lo segue in una rapida panoramica mentre va da Marina. Comincia lentamente, ma poi praticamente si precipita verso di lei. Lei sembra devastata mentre lui la prende tra le sue braccia. La macchina da presa si avvicina per un primo piano molto stretto sul loro bacio disperato.
"Non ti vedrò mai più", piange Marina.
"I pini sopra la baia", suggerisce Pavlos.
"Ci vedranno".
"La spiaggia…"
"Ci vedranno".
"Il castello, le rovine..." Lei fa un debole rifiuto, sussurrando un debole “no”. Ma sa che è un posto dove gli amanti si incontrano in segreto e che potrebbero essere al sicuro lì. E lei non può farne a meno.
Si allontana di qualche passo da lui, e si appoggia al muro, gli occhi chiusi per la disperazione. "Vorrei essere morta", dice.
Lui va da lei.
Si baciano e proprio in quel momento entra Antoni, asciugandosi la faccia dopo la rasatura. Marina lo nota per prima. Sopra la spalla di Pavlos, vediamo l’occhio di lei, al centro dell’inquadratura, che ci guarda direttamente.
Si allontana da Pavlos e corre fuori dalla stanza. Sorpreso, Pavlos guarda Antoni, che ricambia il suo sguardo con un'espressione stanca e delusa. Pavlos abbassa gli occhi.
"Ora hai fatto quello che volevi", dice Antoni. "Spero che tu sia soddisfatto".
"La amo".
"E adesso?" chiede Antoni, ancora con lo sguardo truce.
Pavlos non risponde. Al suono della sirena di una nave che risuona dal porto, Pavlos guarda verso di essa, ignorando l'altro uomo.
"Suggerisco di prendere la prossima nave verso casa", dice severamente Antoni.
Pavlos torna a fare i bagagli e non dice nulla. Antoni torna nella sua stanza. Attraverso la porta semiaperta, lo vediamo guardare Pavlos con un'espressione preoccupata. I due uomini hanno idee molto diverse su cosa dovrebbe succedere dopo.
La scena successiva si apre con la vista di un altro edificio imbiancato, persiane bianche alle finestre: è l'hotel locale. Stiamo osservando un balcone in ferro battuto ornato. Pavlos esce, fumando una sigaretta, nel momento in cui chi dovrebbe passare se non Christos? Lui guarda in alto, verso il suo rivale, ed emette un lungo fischio, melodico e provocatorio. Pavlos ricambia il suo sguardo fisso.
Con le mani in tasca, la camicia aperta, Christos sembra pronto a fischiare verso Pavlos tutto il giorno. Dopo un po', Pavlos torna nella stanza. Dall'interno della stanza, vediamo la sua sagoma scura contro lo sfondo del porto soleggiato, affollato di barche. Si asciuga la fronte con la mano. Questo ragazzo di città lo capisce adesso, se non l'avesse fatto prima: ci si è messo dentro fino al collo.
Antoni giace addormentato sul suo letto stretto. Dev’essere caldo fuori; la sua camicia è sbottonata e spalancata.
Nell'hotel, gli uomini condividono una stanza spartana: è un impressionante contrasto con i loro alloggi precedenti con la famiglia. Due letti in ghisa bianca sono ravvicinati. C'è un tavolino con una pianta. Le pareti bianche sono nude e immacolate: niente carta da parati scrostata qui.
Torniamo alla casa. Froso è carponi a strofinare il pavimento. Strizza lo straccio nell'acqua insaponata e lo strofina sulle assi di legno consumate. Si siede, si appoggia all'indietro e fa un lungo, lungo sospiro che sembra quasi un lamento.
Dice: "Sfregare i pavimenti, è quello a cui sono arrivata. Chi avrebbe potuto immaginarlo ai tempi in cui tuo padre era vivo?” Chiaramente, qualcun altro le lavava i pavimenti per lei.
Ah! Vediamo che sta parlando con Marina. Sono nelle stanze che Antoni e Pavlos hanno appena liberato. La luce penetra attraverso le persiane rotte dietro Marina. Cambiando le lenzuola, Marina ne piega uno e lo tiene brevemente vicino alle labbra.
"Non lo sopporto più, ne ho avuto abbastanza” – continua sua madre – “Ogni giorno la stessa storia. Ma cosa posso fare? La casa sta cadendo a pezzi. Non la posso lasciar perdere".
Marina cammina intorno al letto, tenendosi il lenzuolo piegato sul viso, mentre sua madre continua: "Un minuto pulisco, il minuto dopo è di nuovo sporco. E non ci sono soldi per le riparazioni”. Marina è nel suo mondo; non dice una parola. “Cosa faremo in inverno? Cosa stava pensando tuo fratello?”
"Proprio quando abbiamo iniziato a fare dei soldi, lui va e lo rovina... lo rovina..." Froso sospira di nuovo. Mentre strofina, il suo corpo si allunga stancamente lungo la parte inferiore dell’inquadratura.
Marina sta piegando il materasso di Pavlos. Non ci saranno altri ospiti nella stanza molto presto.
Sembra esausta; praticamente crolla sul materasso piegato. "Dove troveremo un altro inquilino?" – continua sua madre – “Eh? Dove?” Marina si raddrizza.
Apparentemente Froso non è consapevole della relazione amorosa. Continua, ignara del dolore di Marina, "Cosa c'è che non va in lui? Sta peggiorando ogni giorno... Si mette a litigare con tutti". Marina si abbassa per raccogliere una brocca dal pavimento: è quella che Pavlos ha usato per versare acqua sugli uomini che sono venuti a farle la serenata. "Perché non riesce a trovare un lavoro? Dà sempre la colpa a me”. Marina mette la brocca sul cassettone. "Lo inseguo per vendere quell’appezzamento di terra –" Marina allunga la mano e tocca l’asciugamano che Pavlos si è lasciato dietro. “– a quell'ateniese che lo voleva. Ahimè!”
Prendendo un asciugamano usato, Marina si avvicina alla finestra e pulisce la persiana. "Ieri ha detto a Katina che andrà ad Atene per concludere l'affare. Ma lo farà?”
Qualcosa fuori dalla finestra attira l'attenzione di Marina. In punta di piedi, guarda fuori. È Pavlos: alza lo sguardo verso di lei, camminando avanti e indietro come se fosse di guardia.
Marina si gira a guardare sua madre, che sta ancora dando sfogo alle sue rimostranze: “Se almeno potessimo tenere questa casa. Avresti una dote... potresti trovare un marito rispettabile".
Froso si alza e si lamenta: "Mi fanno male le ossa". Allunga la schiena, le mani sui fianchi. Raccogliendo il pesante secchio di acqua insaponata, dice: "Mi preparo per la chiesa". Alla porta, si volta indietro, ricordando anche a sua figlia di prepararsi.
Nel momento in cui Froso è fuori dalla porta, Marina torna alla finestra. Pavlos è ancora lì, che cammina e guarda su di tanto in tanto. Ma potrebbe andarsene…
Marina si appoggia alle persiane, che sembrano imprigionarla. Mentre inizia a singhiozzare, la macchina da presa si allontana. È un'immagine potente: la massa nera del suo vestito e dei suoi capelli, le imperturbabili barre orizzontali delle persiane, la curva disperata delle sue braccia. Marina si aggrappa alle persiane come per tirarle giù.
FINE PARTE VI
ENGLISH TRANSLATION
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GLOSSARIO
si aggrappa (aggrapparsi) – she clings
ahimè – alas
gli alloggi (alloggiare) (io/i) – the lodgings
sto ammazzando (ammazzare) il tempo – I’m killing time
appollaiati (appollaiare) – perched (past participle as adjective)
ne ho avuto (avere) abbastanza – I’ve had it
gli avventori (tore/trice/tori/trici) – the patrons
la baia (ia/ie) – the bay
un bozzetto (o/i) – a sketch
carponi – on hands and knees
si china (chinarsi) – he leans down
circostanti (e/i) – surrounding
concludere l'affare – to close the deal
consumate (consumare) – worn out
il contorno (o/i) – the outline
mi stai dando (dare) i nervi – you’re getting on my nerves
sta dando (dare) sfogo – she is venting her grievances
un donnaiolo (o/i) – a womanizer, playboy
una dote (e/i) – a dowry
esige (esigere) – he demands
non può (potere) farne a meno – she can’t help herself
una fessura (a/e) – a crack
fissano (fissare) – they stare
ghisa (a/e) – cast-iron
giace (giacere) – he lies, reclines
il ginocchio (io/ia) – the knee
imperturbabili (e/i) – impassive
interno – inside
un lamento (o/i) – a moan
le lamette (a/e) - razor blades
lasciar (lasciare) perdere – to let it go, not take care of something
il locale (e/i) – the place (used for bar, restaurant, etc.)
mandare a chiamare – to send for
il mucchio (io/i) – the jumble, pile
un’occhiataccia (ia/e) – a glare
il pendio (io/ii) – the hillside
picchietta (picchiettare) – he taps, nudges
i pini (o/i) – the pine trees
portano (portare) – they lead
come la prenderà (prendere) – how he’ll take it
un primissimo (o/) piano (o/i) – an extreme close-up
provocatoria (ia/ie) – taunting
punta (a/e) di piedi – tiptoe
non può (potere) farne a meno – she can’t help herself
si raddrizza (raddrizzarsi) – she straightens herself
mi sto radendo (radere) – I’m shaving
la rasatura (a/e) – the shave
ravvicinati (ravvicinare) – close together (past participle as adjective)
la sagoma (a/e) – the silhouette
una schitarrata (a/e) – a strum
sconfitto (sconfiggere) – beat, defeated (past participle as adjective)
il secchio (io/i) – the bucket
senza giri (o/i) di parole – without mincing words
sfregare – to scrub
con lo sguardo (o/i) truce (e/i) – glaring
la sirena (a/e) – the horn
sommessa (o/a/i/e) – hushed, whispered
un sospiro (o/i) – a sigh
spavalda (o/a/i/e) – jaunty
lo stipite (e/i) – the doorway
lo straccio (io/i) – the rag
strizza (strizzare) – she scrubs
strofina (strofinare) – she wrings out
sussultare – to startle
aveva vagato (vagare) – he had wandered
a loro volta – in turn